venerdì 28 dicembre 2012

La camicia. 1 parte

Le origini della camicia, come capo d’abbigliamento, si perdono nella notte dei tempi.

Forse già presente nei secoli della Repubblica Romana, è senz’altro nota nel Medioevo, sotto il nome latino di “subucula”.
In realtà in quei tempi la camicia serviva ad isolare la pelle dalla tunica, che fungeva da vero e proprio vestito.
Il cotone, con cui veniva già confezionata, serviva bene come protezione intima, nei secoli in cui l’igiene personale non era di certo una esigenza primaria.

Dal 1300 questo indumento doveva diventare indispensabile, se veniva rappresentato da pittori come il Caravaggio e da opere come il Decameron.

Nel 1500 si puntava l’attenzione sul colletto: i colletti piatti a “l’italienne”, quelli a forma di “lattuga”, quelli a “gorgiera”, che richiedevano anche undici metri di stoffa.


Nel 1843 nasce la famosa “camicia rossa” dei garibaldini.

Nei secoli successivi la camicia diventa sempre più un capo usato, specialmente dal mondo maschile.
Nascono così vari modelli, che il cinema hollywoodiano fa conoscere tramite le sue star: candide camicie a maniche fluenti indossate da Rodolfo Valentino, le “Oxford” portate da Humphrey Bogart sotto il suo celebre impermeabile, la camicia far west di John Wayne o le mitiche camicie havaiane sfoggiate da Tom Sellek nella celebre serie “Magnum P.I.” degli anni ’80.

Ma la più versatile e valida ancora oggi è il modello “button down”.
L’ispirazione di questo tipo di colletto, fissato nelle sue due punte con due rispettivi bottoni, viene forse dalle partite di polo, dove i giocatori avevano i colletti delle magliette fissato, per impedire che svolazzassero.
Oppure da una giornata ventosa, passata su un traghetto dal suo inventore, che, infastidito dallo svolazzare delle punte, le fissò con dei bottoni di madreperla.

Comunque la “button down” può essere indossata sia  in maniera informale aperta sul collo, sia in maniera formale con cravatta o papillon. 

mercoledì 19 dicembre 2012

La maglia di cashmere. 2 parte

In Italia esistono parecchi marchi cult, che confezionano e commercializzano capi in cashmere.
Purtroppo con l’andar del tempo e la messa in commercio anche negli outlet, non sempre essi riescono a mantenere la qualità, per cui sono diventati famosi.


Malo, un brand fiorentino, nato nel 1972, in pochi anni si afferma per la produzione di maglieria in cashmere di lusso.
Per Malo il lusso è invisibile, materia intima e segreta della sua produzione dal sapore artigianale.


Loro Piana è un brand forte di ben sei generazioni, ha le sue radici in commercianti di lana all’inizio del diciannovesimo secolo.

Brunello Cuccinelli nel 1978 immette per primo sul mercato il cashmere colorato.
 Il “ Benetton del cashmere” come verrà soprannominato, produce oltre ai classici beige, blu e grigi, già consacrati da Ballantyne, tonalità come il rosa dei gerani in primavera e il rosso sbiadito del cotto toscano.

Brunello Cuccinelli è uno dei pochi produttori che crea i suoi capi interamente in Italia.


Ballantyne inventa i rombi di cashmere nei suoi maglioni, inizialmente solo maschili, dando così eleganza e raffinatezza a capi per persone pratiche e dinamiche.

giovedì 13 dicembre 2012

La maglia di cashmere. 1 parte

Morbido, avvolgente, sottile, caldo, il capo in maglia di cashmere è una delle cose più rassicuranti in una rigida mattina d’inverno.
Vestire un maglione dolce vita di cashmere, è un piacere privato, che crea dipendenza.
Status simbol fin dai tempi degli Antichi Romani, nella Gran Bretagna e nella Francia ottocentesca vestire una stola di cashmere, voleva dire essere raffinati e ricercati al tempo stesso.
I costi di questo lusso dovevano essere elevati già allora, se Balzac in una novella lascia indecisa una ricca signora inglese tra l’acquisto di uno scialle in cashmere o quello di una carrozza. 
Questo elegante comfort ci deriva storicamente da grandi Paesi lontani, da civiltà senza eguali, mondi tutti a sé, come la Cina, la Mongolia, l’Iran, il Tibet.


Lì vive la capra da cashmere, o capra dal “vello d’oro”, frutto di lunghe selezioni genetiche, che è in grado di produrre questa preziosa lanugine, sottilissima, anche di 14 micron, ma con un potere isolante dieci volte superiore quello della lana.
La pashmina è un tessuto totalmente cashmere, talmente morbido e leggero da passare all’interno di un anello.
Si ottiene dalle capre degli altopiani dell’Himalaya, con un processo lungo e costoso.


Il prezzo commerciale di un foulard di pashmina può oltrepassare le duecento euro.
Gli autori di numerosi articoli di riviste come ” Vogue” o film come ” Sex and the City”,, affermano che la pashmina è uno degli accessori più richiesti del nostro tempo.

Questo ci fa capire come ci sia da diffidare di capi in cashmere a buon mercato.
Magari in questi capi economici il cashmere è presente, ma in piccola percentuale, mescolato ad altri filati o addirittura “cerato”, per simulare una morbidezza e lucentezza inesistente.
Il vero cashmere non deve fare “ pallini ”.
Al tatto deve essere soffice, elastico e quasi impalpabile, se lo si stringe in una mano, deve poi subito tornare alle dimensioni originali.
Non deve essere peloso, perché il suo filato è sottile ma lungo.
Nei maglioni più belli ci sono solo due porzioni di maglia, cucite assieme da punti invisibili, magari artigianalmente a mano.
In tal modo il maglione non si sformerà o smaglierà, specialmente nei punti di attrito, come il collo o sotto le ascelle.
Difficile da trovare, quanto apprezzata, è la lavorazione del cashmere in Italia.
In genere la lavorazione di questo filato avviene in Cina, in maniera meno accurata e con macchinari meno perfezionati.

Mi sembra una buona idea indossare un bel maglione di cashmere, magari a collo alto, con un filo di perle bianche o, se si vuole essere più sofisticati, rosa.
Saremo pratiche ed eleganti per tutto il giorno ad un tempo stesso.

mercoledì 5 dicembre 2012

Revlon Just Bitten Kissable

Da una marca seria e consolidata come Revlon, ecco un balsamo per labbra sotto forma di matitone.
E’ un matitone retrattile, molto comodo, perché non bisogna fare la punta, idrata e protegge le labbra, senza farle sentire appiccicate.

Colora le labbra in maniera discreta ma luminosa ed è declinato in dodici nuance.
E’ facile da stendere sulle labbra e dona loro anche un certo turgore.

Io lo uso come base, su cui stendere il rossetto o il gloss, per farli durare di più e rendere il colore più evidente.

L’ho acquistato nel colore più tenue e naturale: honey.
Se ho particolarmente fretta, lo uso da solo al posto della matita contorno labbra e del rossetto.